Il peso dei pensieri

L. Bellomo, S. Strigini


LA SCHIENA  (M. Mazzantini)

La schiena è la parte che non puoi vederti,

quella che lasci agli altri.

Sulla schiena pesano i pensieri,

le spalle che hai voltato

quando hai deciso di andartene.

 

RIFLESSIONI SULL’AMORE E SULLA VITA. LA SCHIENA: METAFORA DI ALTRO.

(dott.ssa V. Randone, specialista in psicologia e sessuologia clinica)

La schiena rappresenta la zona di vulnerabilità dell’anima, ma non del corpo. È come la tela di un pittore, luogo simbolico dove dipingere la fiducia, il piacere, il dolore. Sulla schiena abitano i brividi, i sogni, la leggerezza e il peso della vita. È l’autostrada percorsa dai brividi che proviamo per amore o per paura. Si inarca per piacere e per dolore. Viene contenuta dalle mani sensuali e forti di chi amiamo. Viene circumnavigata, insieme alla nostra anima. È una bussola, ci orienta, ci fa sentire quello che la coscienza, spesso, decide di non vedere, né sentire. La schiena è la parte del nostro corpo dove sentiamo il pugno alla stomaco della vita, le ripercussioni delle sofferenze. È il luogo simbolico dove ricevi le coltellate del tradimento quando non te le aspetti. Quando sei di spalle alla vita. Quando decidi di fidarti. Ci regge in piedi. Ci fa piegare alle intemperie della vita, ma non ci consente di spezzarci.

Ma la schiena è, spesso, l’ultima e non idealizzata immagine che lasciamo di noi. Quella che, gradualmente, sfuma all’orizzonte fino a perdersi nel rimpianto o nel sollievo, più raramente nel rimorso. Ma la schiena può essere anche rifiuto. Il brivido della voglia di fuga quando colui al quale avevamo concesso le labbra diviene il nostro maggior rammarico. È comunque la parte più sensuale che una donna può concedere al suo uomo.

(R. Vandone)

Viandante sul mare di nebbia

Caspar David Friedrich: Pittore tedesco (Greifswald 1774 - Dresda 1840), tra i più intensi e profondi del periodo romantico.

 

Analisi

La tecnica utilizzata è olio su tela e il dipinto fu realizzato nel 1818. Attualmente è esposto ad Amburgo nel museo Hamburger Kunsthalle. Si tratta di uno dei dipinti più emblematici dell’arte di Friedrich e del periodo storico chiamato Romanticismo. Si può osservare un uomo nobile che da solo, sorretto dal suo bastone, guarda dalla cima di uno sperone, un panorama vasto e frastagliato, in parte offuscato dalla nebbia e dalle nuvole. La sua figura imponente presenta una impostazione fortemente piramidale. Il paesaggio assume contorni sfumati, appare come se fosse in movimento, confuso per la presenza di nuvole che sembrano onde del mare. In basso c’è uno sperone roccioso, privo di vegetazione, quasi lavico, mentre sullo sfondo si vede il profilo di una montagna, che bilancia la geometria dell’opera. Il pittore utilizza colori freddi come l’ambiente che è privo di colore. La scena viene considerata un simbolo dello struggimento romantico proprio per la sua dimensione spirituale che definisce il contrasto dell’imponenza della natura rispetto alla piccolezza dell’essere umano. Osservando il dipinto si vede che l’uomo è di spalle, posto di fronte alla scena, quindi lo spettatore è invitato a partecipare alla visione come se dovesse immedesimarsi con quel personaggio per vivere assieme a lui questa esperienza.

 

Commento

Diversi sono i temi che vengono suscitati dall'opera e che rientrano nei parametri che identificano la nuova cultura ottocentesca sul ruolo dell’individuo. Ad esempio è chiara la costatazione malinconica dell’infinito passare del tempo, che annulla l’esistenza dell’uomo mentre perpetua la natura. E può apparire chiaro, anche, il senso di dolore verso l’impossibilità di fondersi con il Tutto e quindi di trovare la matrice divina da cui tutto deriva. Vi sono anche altri temi che diventeranno preponderanti in altre Arti dell’ottocento oltre che in pittura: il valore della solitudine, ad esempio, e della consapevolezza dell’importanza dell’individuo e l’ammirazione estatica per la bellezza della natura che diventa, però, anche in questo caso, un modo per sottolineare l’importanza dell’individuo che ne prende consapevolezza. L’opera rappresenta metaforicamente le difficoltà della vita che, una volta superate, permettono la vista del “sublime”, che nell'arte supera qualsiasi aspettativa.

 


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René Magritte: pittore belga (Lessines, 21 novembre 1898 – Bruxelles, 15 agosto 1967). E’ considerato il maggior pittore del surrealismo belga.

 

Analisi

Un uomo di spalle, vestito elegantemente e con i capelli accuratamente tagliati, è in piedi di fronte a uno specchio. Tutto è dipinto a piccole pennellate con una precisione quasi fotografica: dalla cornice dorata, alla mensola in marmo di un caminetto, all'abito scuro. Sembrerebbe una rappresentazione esatta, tanto che parrebbe logico, a questo punto, riuscire a vedere il volto dell’ uomo. E, invece, no. La logica di Magritte, come si sa, non obbedisce alle regole comuni: nell'immagine riflessa l'uomo compare ancora visto di spalle. Il suo volto, la sua identità, restano nascosti. Utilizza colori caldi. Tutte le linee convergono in un unico punto di fuga che è la testa dell’uomo riflessa. La luce proviene da sinistra, e provoca l’ombra dell’uomo.

 

Commento

C'è da rimanere interdetti, soprattutto quando si vede che il libro sulla mensola, "Le avventure di Gordon Pym" di Edgar Allan Poe, si riflette normalmente nello specchio. Si prova lo sconcerto di essere davanti a un contraddizione in termini, a un ritratto che nega l’essenza stessa del ritratto: la raffigurazione delle fattezze del personaggio. Non solo, ma c'è anche uno specchio che non riflette, ma che ripete, come un'eco, l'immagine della nuca dell'uomo. Insomma, anche qui, Magritte riesce nel suo intento di scompaginare le carte e scardinare ogni certezza. È un gioco che conduce da maestro e con cui si diverte a metterci in trappola, rovesciando ogni aspettativa.  E non può trovare un complice migliore di un altro anticonformista nato, come il committente del dipinto, Sir Edward James. Ricco, figlio di un miliardario americano e di una nobile inglese, che si sussurra appartenga alla numerosa compagnia dei figli illegittimi del re Edoardo VII, ama la vita mondana e i pettegolezzi; vanitoso e narcisista è contento solo quando può ostentare la sua originalità. Nessuna meraviglia che, per farsi ritrarre in un dipinto, destinato niente di meno che alla sala da ballo della sua casa londinese, abbia scelto il più imprevedibile e ironico dei pittori: René Magritte. Se il suo intento è di stupire i visitatori, di certo, lo ha raggiunto: Magritte è riuscito nell'impresa di raffigurarlo senza mostrarne il volto. L’uomo viene “non-riflesso” dallo specchio perché, a causa delle sue molteplici facce e dei suoi Io plurimi che compongono la sua identità, non è possibile dare una rappresentazione unitaria al suo essere quella data personalità. È invece più giusto rappresentare la ricerca della propria identità attraverso il rispecchiamento nell'“Altro”. L’identità di per sé non può essere realmente rappresentata; allora il modo migliore per farlo è quello di non mostrarla ma di farne sentire la presenza attraverso l’esperienza che ognuno fa dell’“Altro”

 

Per un approfondimento vedi P. Daverio, Artedossier, anno XXXIV, n. 363, marzo 2019